A-naì-lí-sˆu (Lettera al proprio Dio)

Nicola Cisternino, A-naì-lí-sˆu (Lettera al proprio Dio)  1

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Nicola Cisternino, A-naì-lí-sˆu (Lettera al proprio Dio)  5

Preghiera per Baghdad

A-naì-lí-sˆu (Lettera al proprio Dio)
...Perché è nella preghiera che Iddio tesse i fili della nostra fraternità: degli sposi fra loro, dei genitori con i figli, dei fratelli; perfino i fratelli di fede con i fratelli di nessuna fede, oppure tra fratelli di diversa fede. Perché i confini dell’uomo di preghiera sono gli stessi confini di Dio, cioé nessun confine. Se abbiamo appunto lo spirito di preghiera: perché allora è avere lo stesso Spirito Santo di Dio in noi, a gemere con gemiti ineffabili, a pregare per noi, a cominciare lo stesso nostro volere e a portarlo a compimento. Questo spirito che si libra sopra gli abissi...
(David Maria Turoldo)

Ero lì a leggere quel pomeriggio il libricino Preghiera come lotta di Padre Turoldo, che da troppi mesi attendeva che lo aprissi apprestandomi a dare corpo all’idea-progetto di una Preghiera per Baghdad sollecitatami dall’amico-compagno di classe bussottiana Mauro Castellano per la Biennale di Ceramica nell’Arte Contemporanea, quando dalla radio si levarono commenti e riflessioni (amarissime…) che nello scellerato (ma quanto programmato?) saccheggio della Baghdad “liberata” si stava lasciando saccheggiare anche l’arcinoto Museo Archeologico. Se mai bombe intelligenti avessero raggiunto il mostruoso dittatore che si voleva abbattere, bombe molto più deflagranti, nei ventri-caverne della storia e della memoria, stavano raggiungendo il vero cuore della terra di Uruk, della città d’Ur, di Babilonia, nell’assoluta “incoscienza” dell’oggi. Chissà se mai, gli scribi delle cuneiformi scritture di allora — l’invenzione stessa della scrittura, appunto — avranno immaginato che ciò che essi stavano promulgando a tutta l’umanità futura, un giorno a nulla sarebbe servito contro i sempre rinnovati “barbari”, di ogni tempo. Associazioni emotive, suggestive certamente, ma che lasciano del vero amaro in bocca. In quella stessa cronaca radiofonica, si levava la voce di un noto archeologo italiano tanto legato a quei siti archeologici che diceva: “...esisteranno anche le cosiddette bombe ‘intelligenti’, ma purtroppo non esistono certamente le bombe ‘colte’”.
A-naì-lí-sˆu (Lettera al proprio Dio) è una composizione-installazione per pianoforte (quello di Mauro Castellano, a cui è “fraternamente” dedicata), sabbie (tante), monitors e “partiture di pietra”, queste ultime realizzate proprio in terracotta nelle botteghe e con l’insostituibile aiuto dei sapienti maestri ceramisti di Albisola, che segue, naturalmente, la mia creazione negli ultimi anni delle Preghiere tibetane. Preghiera in quanto “entità vibrante” e granello della nostra intima divinità, come ci viene insegnato dagli antichi testi lamaisti tibetani, in primis dal Libro tibetano dei morti.
A-naì-lí-sˆu (Lettera al proprio Dio) è il nome di un involucro-busta di terracotta (attualmente della celebre collezione di tavolette cuneiformi di Louise Michail) di cm 7x5,6 di provenienza sconosciuta del periodo paleo-babilonese, al cui interno è ancora ben sigillata (non tutti i “messaggi” dovranno essere letti) un’altrettanto piccola tavoletta “illeggibile”, come del resto il nome dello stesso Dio secondo l’insegnamento della Torah.
Da tanti anni aspiravo a realizzare alcune delle mie partiture dei Graffiti Sonori — le scritture con le quali si identifica dagli inizi molta mia ricerca compositiva — su pietra (certamente la materia più coerente); ne feci solo due piccoli esperimenti su tavolette di lavagna “prese” nell’Isola di Saint Michel alcuni anni fa. L’alfabeto cuneiforme, in questo caso, viene liberamente preso per assumerlo dalla dimensione visiva della “lettura” alla dimensione sonora, quella originaria del “verbo”, per farsi lineare scrittura — oltre ogni simulacro notazionale — trapasso di pensiero e di azione dell’atto dell’immaginare e dell’ascolto (Silenziosilenzio) a quello della manifestazione sonora (Musicanto).
A-naì-lí-sˆu (Lettera al proprio Dio) potrà essere eseguita nella sola versione da concerto (le “tavolette” come partitura) o nella sua versione “completa” di concerto-installazione rituale secondo le seguenti azioni:
a) su una scena colma di sabbia vi è, al centro, un pianoforte al di sotto del quale sporgono, dalle piccole dune, dei frammenti di 4 tavolette di terracotta (immerse per gran parte nella sabbia). Intorno, a non molta distanza dal pianoforte, sono semi-immersi nella sabbia altrettanti monitors (4). Sotto il pianoforte un bambino (5-6 anni) — o, in alternativa, l’interprete stesso che in questo caso si aggira attorno allo strumento — vi sta giocando e ritrova le “tavole”. Ne porge la prima (e così di seguito) al pianista che arriva; il pianista pone la tavoletta sul leggio ed esegue la composizione.
b) Dopo alcuni secondi dall’inizio il primo monitor si accende con l’immagine del tipico “formicolio” di assenza segnale (ma i puntini sono di color sabbia, come i granelli...); gradualmente durante lo svolgimento della composizione, l’immagine da “polverizzata” si condenserà in quella della tavoletta... per restarvi come immagine fissa.
c) Alla fine dell’esecuzione delle quattro “tavole-partiture”, i monitors (divenuti “tavole” anch’essi) gradualmente “attivati”, resteranno accesi con l’inquadratura delle tavole nel graduale e completo buio di sala.

Nicola Cisternino

A-naì-lí-sˆu (Lettera al proprio Dio) di Nicola Cisternino è stato prodotto ad Albisola nel 2003 in occasione della II Biennale di Ceramica nell'Arte Contemporanea.



Annamaria Martena, video del concerto Musica per pianoforte e ceramica