Donata Paruccini

Donata Paruccini, Pluvio. Fotografia: Italo Perna

Il progetto di Donata Paruccini mette in scena il rapporto fra il vaso e l'acqua. L'acqua sembra pronta a trasbordare dal vaso che però è dotato di doppie pareti che formano delle sacche interne per l'acqua in sovrappiù. Il progetto di Donata Paruccini estremizza tale relazione mettendo in scena la tensione superficiale dell'acqua - la cui parte centrale è più alta di quella a contatto col contenitore – in un menisco convesso che occupa lo spazio del progetto insieme a galleggianti fiori di Loto.

Michelangelo Pistoletto

Michelangelo Pistoletto, Vasi Specchio del Terzo Paradiso

Vasi Specchio del Terzo Paradiso

Per la realizzazione di questa moltitudine di vasi che dà forma al Nuovo Segno d'Infinito - costituito da tre anelli invece dei due convenzionali –, Michelangelo Pistoletto ha promosso una progettazione collettiva attraverso cui ha preso corpo la sua grande opera scultorea, i Vasi Specchio del Terzo Paradiso. Infatti, tale progettazione ha promosso la produzione dei sessanta vasi che hanno preso forma sul tornio che gira, per essere diversi l'uno dall'altro a partire da gesti sempre uguali. Dentro ogni vaso c'è il design anonimo dei tornianti – il design implicito nei mestieri dei territori – e di giovani modellisti informatici.

Adrien Rovero

Adrien Rovero, Borderline

Il progetto di Adrien Rovero riflette sulla relazione fra i vasi e i loro abituali contesti di esposizione. Tale progettazione recupera l'efficace tecnica del detournement per condurre il vaso alla sua ricontestualizzazione e conseguentemente a nuova forma. Infatti, con sottile humor il vaso borderline di Adrien Rovero è dotato di un morsetto da officina per essere posizionato ai bordi periferici dei tavoli.

Denis Santachiara

Denis Santachiara, Qualc'uno

Denis Santachiara, Qualc'uno

Denis Santachiara, Qualc'uno

Denis Santachiara si confronta con l'archetipo dell'umile vaso di terra rossa che viene riprogettato e rovesciato a testa in giù per contenere i fiori in un mondo che possiamo rivedere capovolto.

Paolo Ulian

Paolo Ulian, Emersi  1, 2

Paolo Ulian, Emersi  3, 4

Paolo Ulian, Emersi  5, 6

Paolo Ulian, Emersi  7, 8

Paolo Ulian, Emersi  9, 10

Paolo Ulian, Emersi  11, 12

Nella piccola ma abbondante serie di vasi Emersi di Paolo Ulian, dall'apparenza estetizzante, ciò che più interessa è il processo produttivo. Infatti, tali vasi sono stati costruiti per sovrapposizione di strati di terre pigmentate che l'autore ha fatto riemergere con differenti strumenti da lavoro come le carte abrasive, le lame di taglierino, le spazzole metalliche, i coltelli da cucina, i seghetti da ferro, le lamette da barba, le spugne leviganti, vari tipi di pietre, spazzolini da denti, attrezzi da calzolaio, mole elettriche e spatole per modellare l'argilla.
L'apparente interesse estetizzante è l'effetto di forti e a volte violenti graffi, spellature, incisioni, strappi e abrasioni delle superfici ceramiche trattate con strumenti abitualmente in uso in altri mestieri e che qui attraverso un improprio corpo a corpo con le terre stratificate danno luogo a inedite decorazioni dei vasi.

Paolo Ulian, Vaso Rosae  1

Paolo Ulian, Vaso Rosae

Paolo Ulian, Vaso Rosae  2

Paolo Ulian, Vaso Rosae

Nei Vasi Rosae, Paolo Ulian arrotola su stessi dei fogli di terracotta che seguono il disegno di una spirale per dividere il vaso in vari comparti. La terracotta rossa e ruvida miniaturizza la monumentale tradizione scultorea minimalista per fare spazio su un tavolo qualunque a un piccolo e virtuoso vaso che contiene in sé anche la lezione delle avanguardie

Vedovamazzei

Vedovamazzei, Reset

La scultura di Vedovamazzei mette in scena una relazione fra corpi - il corpo del vaso e il corpo del fiore. Il vaso infatti è dotato di due fori sul suo asse diagonale attraverso cui passa un fiore che sembra trafiggere il corpo del vaso così come una freccia il cuore. Oggetto simbolico per eccellenza, il vaso violato dal fiore si trasforma in un corpo di reato irriverente e comico.

Alberto Viola

Alberto Viola, Scarabia

Alberto Viola, Scarabia

I corpi scultorei di Alberto Viola evocano forme organiche e primordiali quali le pietre. L'artista ha modellato in terracotta questi corpi informi che ha poi trattato con infinitesimi scarti di terra pigmentata e diluita nell'acqua. Tale ingobbio - più che altro un'acqua sporca - è combinato alla naturale decomposizione organica di erbacce cresciute sulle artificiali pietre in un'atmosfera da Giardino Zen abbandonato e inselvatichito.

Luca Vitone

Luca Vitone, Eppur si muove

Luca Vitone, Eppur si muove

Luca Vitone guarda alle culture di minoranza restie a far propri i modelli dominanti per dare forma al simbolo identitario delle comunità Rom - la ruota del carro – che viene trasfigurato in un vaso ondulato come una bandiera dai colori dell'ottocentesco movimento anarchico.

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