Argilla latinoamericana e globale


Nelson Herrera Ysla



La ceramica è stato uno dei primi materiali usati dall’uomo. Lo ha accompagnato fin da quando ha cominciato a sentire il bisogno di oggetti per la vita quotidiana, ornamenti per il corpo, offerte per gli dei e da quando ha iniziato a provare piacere per il bello creato con le proprie mani. La natura è stata generosa offrendogli questo materiale in abbondanza e rendendolo disponibile in qualsiasi parte del mondo. Oggi quasi tutte le culture e i popoli possono creare opere in ceramica: le sue riserve sono infinite e globali, come anche i suoi utilizzi e le sue possibilità estetiche.
L’America Latina e i Caraibi mantengono un rapporto intimo e sacro con questo materiale. I gruppi, le comunità etniche e le società della regione hanno realizzato opere in ceramica di ogni dimensione, dalle minuscole sfere per le collane agli edifici e alle città. Agisce come una seconda pelle, come un’estensione delle nostre vite, grazie al suo calore e alla sua nobiltà, al suo essere modellabile e adattabile alle nuove scoperte tecnologiche e soprattutto grazie alla sua capacità di associarsi ad altri materiali naturali o artificiali. Si tratta dunque di un materiale democratico e globalizzato con cui abbiamo lavorato per centinaia, migliaia di anni.
Per questo i ceramisti contemporanei portano dentro di sé una delle tradizioni più care alla storia dell’arte latinoamericana e caraibica, senza che ciò rappresenti una ripetizione del repertorio simbolico ereditato dalle grandi civiltà preispaniche né la copia pedestre di forme consolidate nella cultura popolare che oggi proliferano nelle strade, nei mercati e nelle piazze di ogni città delle isole e del continente. I ceramisti dell’America Latina e dei Caraibi, hanno scoperto che nulla è estraneo a questo materiale, che qualsiasi idea, concetto o tendenza artistica è suscettibile di essere espresso attraverso la ceramica, che la tradizione subisce processi di rottura che la rinnovano e la rivitalizzano, in una visione contemporanea che prende in considerazione le tensioni locali e universali. Del resto, sono numerosi gli artisti esperti di altre discipline — fotografi, pittori, creatori di installazioni, incisori, disegnatori — che si appropriano della ceramica come supporto per nuove esperienze concettuali-estetiche, perché lì vedono il potere eterno della terra e l’opera incommensurabile della natura che non ha mai smesso di offrire possibilità creative a ogni spirito sensibile.
Così accade con Alfredo Sosabravo, il ceramista cubano più famoso dentro e fuori dall’isola, con Rogelio Oliva, che appartiene a una generazione intermedia confermatasi nel figurativo, con Henry Eric Hernández, il più giovane di questo gruppo, rappresentante delle nuove tendenze a Cuba, e con Domenica Aglialoro, artista venezuelana che opera all’interno dell’avanguardia del suo paese con un intento di rinnovamento concettuale e formale. 
Nell’opera di Sosabravo troviamo il gioco immaginativo delle forme e delle rappresentazioni della cultura pop, associato a una vocazione ludica e al desiderio di piacere, che l’artista manifesta attraverso “casse”, costruite per la meraviglia e la sorpresa. Sono reminiscenze di quelle casse del tesoro tanto care all’infanzia e oggi trasformate in oggetti scultorei di origine onirica e surreale, coerentemente con la sua intensa e variegata produzione realizzata a partire dagli anni Sessanta. Sosabravo assume i paradigmi estetici come pretesto per stimolare nuove associazioni nei ricordi personali e familiari dello spettatore.
Rogelio Oliva evoca l’uomo diviso che abita le società contemporanee, in perenne lotta con la doppiezza morale, con l’ambivalenza tra pubblico e privato cui si è sottoposti dal punto di vista etico. La sua opera tratta dei condizionamenti ideologici del mondo moderno e dei loro innegabili riflessi sul corpo umano, asse centrale delle sue ultime realizzazioni.
Al di là di ogni rappresentazione, di ogni analogia possibile, l’opera di Henry Eric si fonda su importanti interazioni con altri rami della conoscenza e del sapere umano come la storia, la sociologia, l’archeologia. Il suo interesse per la registrazione di fatti e avvenimenti accaduti nel passato dimostra la necessità di mantenere sempre attiva la memoria, come soggetto dinamico della cultura e delle società e, nello stesso tempo, sottolinea la presenza inevitabile della morte nella vita.
Domenica Aglialoro partecipa a un discorso estetico nuovo, che da un lato proclama la fusione di materiali, generi e supporti, dall’altro la deterritorializzazione dei contenuti. La sua opera dichiara apertamente la delicatezza e la sensibilità delle forme artistiche, per esprimere la quotidianità umana in un mondo dominato sempre più dalla violenza domestica e sociale, dalle crisi economiche, dai conflitti locali. Aglialoro oltrepassa i confini della tradizione latino-americana per inserirsi in nuove correnti che fanno dell’argilla un mezzo espressivo pari alla pittura, al disegno, alla scultura.
Questi quattro artisti rappresentano la pluralità degli sguardi all’interno dell’ampio spettro dell’arte prodotta nell’America Latina e Caraibica, contraddistinti dall’eredità propria della regione che continua a essere un modello per artisti di ogni provenienza e tendenza. Per questo molti preferiscono parlare di argilla, piuttosto che di ceramica, come della materia originale e universale che meglio esprime i contesti culturali nei quali ha continuato a essere una fonte inesauribile di ricchezza estetica. L’argilla ci accompagna nel suo stato naturale dalle alte vette delle Ande ai vulcani e ai boschi, e con le sue espressioni artistiche fin negli angoli delle vie e delle piazze delle nostre città, attraverso forme fantastiche e oggetti di uso quotidiano, che ci sono molto più vicini della plastica, del cemento, del vetro o dell’alluminio.
È difficile immaginare un universo urbano o rurale nella nostra regione senza la presenza costante dell’argilla: è come immaginare d’un tratto un mondo senza dèi, religioni e senza i suoni della musica.
Le opere realizzate con l’argilla denotano in genere l’aura poetica della manualità, dell’artigianalità insita nell’azione creativa dell’uomo: in un certo senso è come sentire le carezze e la pressione delle dita dell’artista, la sua forza e fatica, gli strumenti antichi e moderni con cui lavora con ardore ed esperienza.
Gli artisti latinomaericani e caraibici fanno dell’argilla e della ceramica un’estensione dei loro sensi attribuendogli un significato pratico e magico al tempo stesso. Agiscono sulla materia con la massima libertà, come altri artisti fanno con i tessuti di cotone, le fibre di bambù o la carta di riso, perché sentono di dover estrarre l’energia tellurica e la luce contenute, come fecero i primi abitanti indigeni di quest’area geografico-culturale.
Se dovessimo parlare di autenticità e identità nell’arte, il paradigma della ceramica potrebbe contribuire al dialogo come qualsiasi altra espressione artistica. Il suo linguaggio è andato progressivamente incorporando nuovi elementi nati a questa stessa latitudine e in altre più lontane, a riprova della sua capacità di assimilazione e di appropriazione. L’opera di questi artisti, ed eventi come questo, denotano la ferma volontà di mantenere aperto il dialogo.