Pinot Gallizio: le due “albe” del Bauhaus Imaginiste

dagli Incontri internazionali della ceramica di Albisola
al I Congresso degli Artisti Liberi di Alba (1954-1956)


Giorgina Bertolino e Francesca Comisso


Pinot Gallizio. Bozzetto di ceramica (mai realizzata dall'artista), 1957. Courtesy Archivio Gallizio, Torino



Per la Première experience del Mouvement International pour un Bauhaus Imaginiste (M.I.B.I), Asger Jorn sceglie Albisola e la ceramica. È l’estate del 1954 e il M.I.B.I. è nato da pochi mesi in opposizione all’apertura della Hochschule für Gestaltung di Max Bill. Fin dalla nascita il movimento rispecchia il carattere nomadico del fondatore, configurandosi come rete di contatti e di relazioni atopica, senza centro e periferie, ma tuttavia con temporanee “piattaforme operative”. Nella sua breve storia, dal 1953 al 1957, due “albe” ne scandiscono le fasi di sviluppo: Albisola e Alba. Ad Albisola l’artista danese organizza con Sergio Dangelo, nel 1954, gli Incontri Internazionali della ceramica. L’iniziativa ha una sua continuità e l’estate seguente la Deuxième esperience del M.I.B.I. è dedicata alla “décoration libre di un centinaio di piatti di ceramica da parte di un gruppo di bambini”1. Libre, con i termini imagination e sperimental, diventa la parola chiave che scandisce non solo le tappe d’evoluzione del pensiero teorico di Jorn, ma le iniziative, gli incontri e gli eventi che vedono partecipe dal 1955 Pinot Gallizio.
Pinot Gallizio giunge ad Albisola nell’agosto del 1955, invitato dagli artisti Siri, Sciutto e Caldanzano2.  Insieme a Simondo espone le sue prime e recentissime “esperienze” artistiche al bar Lalla. L’incontro con Jorn, registrato da Gallizio come “svolta decisiva della libertà di ricerca”3, assumerà in tutti i futuri resoconti il carattere di un vero e proprio evento. Esso avvenne “in un luogo insolito, un dehors dove Jorn sta suonando con i suoi amici. Pinot prova in tutti i modi ad attirare la sua attenzione: alla fine ci riesce con un discorso sull’archeologia.”4. L’interesse di Gallizio per questa disciplina risale agli anni dell’adolescenza. La passione è suscitata dai testi di una biblioteca che ha ereditato e che era appartenuta all’ingegnere Giovan Battista Traverso, promotore, a fine ’800, di importanti scavi nei dintorni di Alba. Negli anni quaranta Gallizio ne riprende gli studi portando alla luce reperti risalenti al Neolitico antico. “A motivare la sua ricerca — scrive Maria Teresa Roberto — è la speranza di arrivare a individuare una unità spaziale originaria — l’archetipo della Caverna — con funzione di riparo, abitazione, sepoltura”5. In una conferenza che terrà nel 1958, nella sede torinese della Famija Albeisa, mette in relazione i reperti degli scavi di Alba con quelli delle caverne Liguri delle Arene Candide, e ipotizza l’appartenenza degli insediamenti preistorici albesi all’area mediterranea. Con questo intervento, intitolato Siamo ancora Liguri, Gallizio postula una radice identitaria, proponendo quella nozione di tempo circolare che, in quello stesso anno, è alla base della realizzazione dell’ambiente Caverna dell’antimateria. Spinto da analoghe motivazioni Jorn aveva collaborato, sin dai primi numeri di “Cobra”, con l’archeologo Glob, al fine di individuare motivi iconografici ricorsivi nella storia scandinava, dalle origini vichinghe all’arte popolare.
Se da una parte Jorn, in Pour la forme, sostiene che la “capacité inventive de l’homme” si esprime nella “réalisation d’inventions dont il attend du plasir”6, Gallizio, in un documentario a lui dedicato7, mostrando un gruppo di reperti in ceramica del neolitico, pone l’accento su alcuni dettagli, che interpreta come espressioni decorative: “certamente l’artefice incognito, ignoto, voleva affinare il suo gusto, voleva riempire un vuoto, voleva certamente giocare, si, giocare per giocare. Forse è la cosa più importante … ed è in questo gioco che mi sono trovato, per così dire, coinvolto”. È proprio nell’ambito della ceramica che Gallizio, verso la fine del 1954, conduce alcune tra le sue prime “esperienze” artistiche. Insieme a Piero Simondo, cui lo lega dal 1953 un sodalizio che è alla base del suo esordio in arte, Gallizio realizza alcuni oggetti che non si sono conservati, ma di cui si ha traccia in una serie di fotografie scattate nell’estate del 1955 nello studio di Siri ad Albisola. In queste immagini è possibile individuare tra gli oggetti che Simondo e Gallizio mostrano all’amico ceramista, dei vasi a bocca quadrata e una maschera che rimandano alle forme della vasaria romana e alla plastica etrusca. Se sotto il profilo formale è evidente il persistere della sua passione archelogica, sono i materiali a costituire il principale motivo d’interesse di questi oggetti. Essi sono infatti realizzati attraverso la colatura degli stampi in gesso della pece nera, un preparato utilizzato per la fabbricazione dei cerotti Bertelli, che faceva parte dei prodotti della “Chimica vegetale del dott. G. Gallizio”, elaborati nella fabbrica-laboratorio che sorgeva ai piani inferiori della casa dell’artista ad Alba. Come testimonia la giornalista e critica ligure Nalda Mura, già nell’estate del 1955 la pece viene promossa da Gallizio come nuovo sostituto della ceramica8. Un annuncio che deliberatamente trascura i difetti tecnici di tale applicazione, dovuti all’estrema fragilità e quindi al carattere effimero degli oggetti che ne derivano. Nella promozione del “portato rivoluzionario” di questi primi esperimenti di “anti-ceramica”, estranei ad ogni possibilità d’utilizzo pratica, nonché alla loro stessa conservazione, è possibile leggere la messa in atto di una prima forma di dirottamento del prodotto dalla logica della catena produttiva. Nonostante la predisposizione di strumenti per la replica seriale — costituiti dagli stampi in gesso — il risultato ne inscena ogni volta il fallimento. Il gesto “inutile ed anti-economico” che Gallizio e Jorn rivendicheranno all’arte, trova qui una sua prima formulazione, rispecchiando quell’avversione per la logica seriale che era stata alla base della fondazione del M.I.B.I. Questa pratica troverà nel lavoro di Gallizio, tra il 1957 e il 1958, nuove forme di applicazione, a partire dalla pittura per “partenogenesi” fino al più noto capitolo della pittura industriale. Nel primo caso il termine scientifico, preso a prestito dalla biologia, allude a una “pittura che si sviluppa da sola” grazie alla sovrapposizione di un foglio di carta su una tela appena dipinta. La riproduzione speculare dell’immagine prelude a un vero e proprio sviluppo seriale, al tempo stesso inceppandone la potenziale infinita progressione. Illimitata si prefigge invece la pittura industriale, eseguita su lunghi rotoli di tela, destinati ad essere tagliati e venduti “a metro”. È la messa a punto di una “macchina” paradossale che, pur “programmata” per la quantità, preserva l’unicità e la libertà del gesto creativo. L’avversione di Gallizio per un’interpretazione “disciplinata” delle tecniche artistiche e, al contrario, la spiccata propensione a una contaminazione “eretica” di strumenti e materiali, trova in Jorn un ottimo interlocutore. Il percorso che dalle anti-ceramiche degli inizi porterà alla pittura industriale, ha alcune delle proprie radici nelle teorie antifunzionaliste, iscrivibili nella critica al concetto di standard. Nella replica all’intervento di Max Bill al I Congresso dell’Industrial Design alla X Triennale di Milano del 1954, Jorn attacca il “programma di standardizzazione” “anti-estetica” con il quale i funzionalisti “sono giunti a creare un mondo via via sempre più regolato, ordinato, razionalizzato e stabilizzato”. A quell’universo ordinato e ordinante oppone la peculiarità dell’estetica che “fa l’oggetto strano e caotico”, espressione di un “desiderio umano”9. È nella sfera di queste polemiche che si stabiliscono i primi contatti tra l’artista danese e il gruppo dell’Internazionale Lettrista (I.L.)10. Se per Jorn il principale bersaglio è il funzionalismo e l’industrial design di Max Bill, la forza critica dell’I.L. è concentrata intorno al razionalismo architettonico che ha il proprio paladino nel “generale” “neo-medievale” Le Corbusier. L’affinità di base, teorica e politica, contro l’avverarsi di questo universo normato e “noioso”11,  ha prospettive comuni nel riconoscimento del ruolo della tecnica. È sulle sue applicazioni che si giocano infatti le possibilità di radicale cambiamento della realtà. Ad esempio, se per gli architetti razionalisti il “materiale preferito” è il cemento armato che, pur prestandosi alle “forme più elastiche, viene adoperato soltanto per fare case quadrate”, su “Potlatch” si auspicherà “l’arte del cemento” e “una nuova architettura” capace di scoprire e realizzare “climi sconvolgenti”12. La ricerca teorica dei Lettristi e quella artistica di Jorn e di Gallizio innestano le loro applicazioni pratiche in protocolli che aspirano ad essere scientifici. Il primo effetto dell’incontro ad Albisola di Jorn, Gallizio e Simondo, è significativamente la fondazione ad Alba del Laboratorio sperimentale del M.I.B.I., il 29 settembre 1955. Gallizio, che aveva tentato dapprima di trasferire dalla località ligure nella propria città, l’esperienza collettiva della piece teatrale Le streghe di Tullio d’Albisola13, si ritrova a dare fissa dimora, nella propria abitazione, alla nuova propaggine operativa del Mouvement di Jorn.


Marco Lavagetto, La Casa di Asger Jorn ad Albisola


Sperimentale fa del resto parte del corredo teorico e pratico dei fondatori del Laboratorio. Per Jorn è la qualità della pratica artistica sin da Cobra, il cui acronimo nel 1949 si precisa come International des artistes expérimental. La sperimentazione è per lui il “terzo autonomo”, ovvero l’elemento che fa uscire l’arte dal binomio della critica specializzata che la vuole forma o di “auto-espressione” o di “ordine”14. Per Gallizio sperimentale è un territorio, un luogo veramente operativo, già provato nella sua attività di enologo e aromatario. Risale infatti al 1946 la nascita del suo primo Laboratorio sperimentale presso la Scuola enologica dell’Istituto agrario di Alba15.  La possibilità che in luogo di erbe, salse e aromi, si possa, in un tale spazio, sperimentare l’arte, è già stato tentato fianco a fianco da Gallizio e Simondo tra il 1953 e il 1954. E che i due abbiano già in mano dei “risultati” — anche se talvolta effimeri come le paradossali “ceramiche” molli — lo si comprende dalla testimonianza di Canepa, giornalista dell’“Unità”, in visita ad Alba nell’ottobre del ’55. Di fronte a Jorn che fonde su pannelli di populit pigmenti colorati, con l’aiuto di un saldatore elettrico, il cronista annota: “Era vero dunque quel che sosteneva Pinot ad Albisola, e allora mi pareva una bizzarria, che cioè pennelli e spatole non fossero più necessari, ma ferri da stiro e saldatori, gli strumenti che io vedevo ora maneggiare da Jorn. Il quale, continuando il suo lavoro, andava con me lamentandosi che ancora si sentiva schiavo della materia: “Da millenni, le materie plastiche son le stesse: argilla, legno, metalli, pietre, colori…Noi invece studiamo possibilità plastiche di nuove materie. È necessario però che queste arrivino, come l’argilla, ad essere un mezzo elementare di espressione”16
Tra la fine del ’55 e la fine del ’56, Alba costituisce il “domicilio” provvisorio ma reale delle idee che daranno vita all’Internazionale Situazionista (I.S.). È nel maggio 1956 che l’I.L. fissa, presso il Laboratorio Sperimentale del M.I.B.I., l’indirizzo dell’“azione da condurre attualmente in architettura”. Nelle sale del Municipio di Alba si svolge, tra il 2 e l’8 settembre di quello stesso anno, il I Congresso Mondiale degli Artisti Liberi. Quello che sarà definito “un congresso tascabile, de poche17, a causa del numero esiguo dei partecipanti, funzionerà da prova generale per la messa in comune delle posizioni di un nuovo movimento internazionale. Organizzato da Gallizio e Jorn, il congresso ha per tema “L’arte libera e l’attività industriale” e riunisce esponenti del M.I.B.I. e del gruppo dei Nucleari di Milano, artisti cecoslovacchi, tedeschi, belgi e olandesi, oltre al delegato dell’I.L.18. Due, in realtà, sono le tendenze che si misurano in quei giorni, sulla base degli interventi ma, soprattutto, dei testi portati a corredo dei rispettivi ambiti d’interesse. Nel proprio discorso d’apertura, Jorn auspica la nascita di un “Institut d’expériences et théorisations artistiques, au niveau des Instituts scientifiques”19, che risolva finalmente la confusione del rapporto tra arte e tecnica. Centrato sulla relazione tra artista e macchina, il Discorso di Gallizio giunge al conio del termine “antibrevetto”, sotto il quale raccogliere un “lavoro comune”, “una pura solidarietà di lavoro”. Ma la carta comune d’intesa, quella che farà di Alba la “piattaforma” del programma futuro, è costituita dal testo redatto da Debord e Wolman, quest’ultimo presente per l’I.L. al Congresso. È infatti la sua relazione a determinare la “risoluzione finale” e a raccogliere nell’“urbanismo unitario”, “che deve utilizzare l’insieme delle arti e delle tecniche moderne”, l’accordo generale e l’azione comune20. È dunque proprio ad Alba che l’attività di critica condotta da Jorn all’interno dell’arte e delle sue istituzioni, va a collocarsi entro la prospettiva allargata della critica alla società promossa da Debord e dai Lettristi. La storia dell’I.S. attesterà i risultati e spesso le difficoltà di questa convergenza. Ancora ad Alba, e in quegli stessi giorni, la ceramica e la tradizione albisolese hanno una propria parte, a testimoniare del connubio possibile tra arte e tecnica così come del proprio ruolo nel dipanarsi di questa vicenda. È nel Palazzo del Comune che si apre, alla fine del Congresso, la Prima esposizione retrospettiva di ceramiche futuriste, curata da Tullio Mazzotti.



Note
1. A. Jorn, Le dernier des métiers, in Pour la forme, I.S., Parigi, 1958, p. 64
2. Siri, Sciutto e Caldanzano avevano esposto nell’autunno del ’54 ad Alba. L’estate seguente sono loro ad invitare Gallizio e Simondo ad esporre ad Albisola.
3. P. Gallizio, Diario-registro, 1953-1961, Archivio Gallizio, Alba.
4. Pinot Gallizio: una vita “industriale”, da una conversazione tra Martina Corgnati e Giorgio Gallizio, in catalogo Pinot Gallizio nell’Europa dei dissimmetrici, a cura di F. Poli con la collaborazione di M. Corgnati, mostra alla Promotrice delle Belle Arti, Torino, 1992, p. 109.
5. M.T. Roberto, Chimiste-Botaniste-Archéologue, in Catalogo generale delle opere di Pinot Gallizio 1953-1964, Mazzotta, Milano, 2001.
6. A. Jorn, Structure et changement. Sur le rôle de l’intelligence dans la création artistique, in op. cit, 1958.
7. Pinot Gallizio, documentario Rai a cura di C. Lonzi, 1963, Archivi Rai, Roma.
8 N. Mura, iscrizione al verso di una fotografia, Archivio N. Mura.
9. A. Jorn, Contre le Fonctionnalisme, 30 ottobre 1954 in A. Jorn, Pour la forme, I.S., Parigi, 1958, ora in M. Bandini, L’estetico il poltico, 1° ed. Roma, 1977, 2° ed. Genova, 1999, p. 236.
10. L’Internazionale Lettrista nasce, nel giugno 1952, dalla scissione di G. Debord, S. Berna, J.-L. Brau, G. Wolman, dal Lettrismo di I. Isou. Suo organo di diffusione è il bollettino «Potlatch».
11. I termini «noia», «noioso», «annoiato», ricorrono significativamente nei testi di Jorn, di Gallizio, di Ivain e dei Lettristi, per tornare poi nei bollettini dell’Internazionale Situazionista. Nell’attributo di noioso si sintetizza l’orizzonte di una società che conduce una vita –sia essa riferita al tempo di lavoro che al cosiddetto tempo libero del loisir - resa monotona e controllabile dal potere. Ad esso, anche a livello linguistico, si oppone la forza rivoluzionaria dei desideri e l’atteggiamento passionale e appassionato.
12. A.-F. Conord, Costruzione di topaie, in «Potlatch» n. 3, 6 luglio 1954; J. Fillon, Sull’ambiente sonoro in una costruzione più vasta, in «Potlatch», n. 21, 30 giugno 1955; ora in Potlatch. Bollettino dell’Internazionale Lettrista, Nautilus, Torino, 1999, p. 7 e p. 53.
13. N. Mura, “Le streghe” di Albisola emigrano in ottobre ad Alba, in «Gazzetta Sera», 15-16 settembre 1955. Adattamento teatrale di C. Fabbri, B. M. Puccio e L. Luzzati, di un poema di Tullio di Albisola; Le streghe furono rappresentate al Pozzo della Garitta di Albisola il 31 agosto 1955. Tra gli attori, gli artisti A. Fabbri, A. Siri e L. Luzzati, autore dei costumi. Autori delle scene: L. Fontana, A. Sassu e A. Jorn. 
14. A. Jorn, Immagine e forma, 1954
15. Sull’importanza di questo «antecedente lessicale» si veda in particolare M.T. Roberto, op. cit., Milano, 2001.
16. G.B. Canepa, È possibile dipingere con un saldatore elettrico, in «L’Unità», 4 ottobre 1955
17. s.a., Congresso tascabile di giovani artisti, in «Gazzetta del Popolo», 11 settembre 1956
18. Partecipano al Congresso: A. Jorn, P. Gallizio, P. Simondo, E. Verrone, G. Garelli, E. Baj, E. Sottsass jr., P. Rada, J. Kotik, C. Estienne, K. Fisher, J. Calonne, Constant, G. Wolman.
19. A. Jorn, Discorso di apertura. I Congresso mondiale degli artisti liberi, 1956, ora in M. Bandini, op. cit., p. 250.
20. G. Wolman, Relazione al I Congresso Mondiale degli Artisti Liberi, in M. Bandini, op. cit., pp. 251-254 e La piattaforma di Alba, in «Potlatch», n. 27, 2 novembre 1956 in, op. cit., pp. 81-82.


Testo pubblicato nel catalogo della I Biennale di Ceramica nell'Arte Contemporanea “Il volto felice della globalizzazione”, Attese, Albisola (Italia), 2001