Il distretto della ceramica nella Provincia di Savona

Il Savonese è un territorio con una forte vocazione e tradizione nel campo della ceramica, come dimostra la sua storia contrassegnata da opere, eventi, artisti e manifatture che nel corso dei secoli hanno ottenuto successo e riconoscimenti in ambito nazionale e internazionale.
Ma ad oggi il Savonese, purtroppo, è più che altro famoso per i circuiti tradizionali come, ad esempio, il turismo litoraneo, prevalentemente estivo, che spinge un pubblico vacanziero a frequentare i diversi luoghi dell’ospitalità solo in alcune loro parti (spiagge, passeggiate a mare, discoteche, ecc.).
Naturalmente il mare rappresenta per il Savonese una notevole risorsa. Tuttavia, parallelamente, la riscoperta del patrimonio storico e artistico della ceramica locale potrebbe partecipare concretamente allo sviluppo turistico del territorio. Anche in considerazione delle condizioni climatiche favorevoli durante tutto l'anno che rappresentano una potenzialità interessante del territorio sia in ambito italiano che europeo.
Il patrimonio ceramico è attualmente un settore promozionale del territorio scarsamente sfruttato, difficilmente accessibile, che rappresenta un punto debole dell'ambito turistico sul quale sarà necessario intervenire. E per partire bisognerà, prima di tutto, valorizzare la storia, le caratteristiche, le potenzialità di questo patrimonio, offrendo servizi qualitativamente competitivi che ne aumentino la visibilità in un quadro di sviluppo che guardi al turismo quale  fattore di valorizzazione locale e di recupero e capitazzazione di una cultura a rischio di marginalizzazione.
Puntare sulla ceramica significa guardare alla ceramica come a un fattore di unicità del territorio, in considerazione del fatto che il fattore di unicità è la strategia vincente in ogni campo e su ogni mercato.
Lo sviluppo del grado di attrattività del territorio può puntare in modo significativo sul patrimonio della ceramica, che potrebbe svolgere un ruolo di richiamo costante, indipendente dalle stagioni, e alternativo al turismo tradizionale. Ciò è possibile attraverso l’offerta di servizi culturali legati proprio al mondo della ceramica, da diffondere, far conoscere e rendere il più possibile comprensibili e di appeal per un pubblico eterogeneo e spesso composto da non specialisti.
La forza della ceramica locale è tutta nella presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio solo in piccola parte conservato in piccoli musei poco conosciuti, e che incontriamo invece, anche senza pensarci, nelle strade come nei palazzi in cui hanno sede abitazioni, scuole e uffici, ma anche manifatture e studi d’artista, che fanno tutt’uno con la nostra cultura.
Per quanto riguarda il territorio del Savonese, il bene culturale più prezioso è il contesto. Dunque, nel Savonese bisogna, prima di tutto, ancorare le opere d’arte individuali al contesto fisico, geografico, storico e culturale da cui esse sono nate, costringendo a una visione organica del patrimonio ceramico.
Bisogna insomma concepire come un tutto unico la conservazione dell’ambiente, del paesaggio, delle città, degli edifici, delle opere.
E’ proprio l’emersione di questo contesto storico-culturale che rivela l’intrinseca debolezza di un ipotetico piano di sviluppo incentrato esclusivamente sulla costruzione di un nuovo, grande museo in un territorio come il nostro, in cui i beni culturali, che siano in un museo o fuori, “fanno sistema”. Sarebbe dunque logico e lungimirante che l’unicità della tradizione locale, mirata non agli oggetti singoli ma al loro tessuto connettivo, diventasse l’asse portante della valorizzazione del territorio.
Ma sarebbe anche ora che si provasse a far interagire le competenze storiche e artistiche con le capacità manageriali e gestionali. Solo così sarà possibile valorizzare l’asse portante della cultura locale e cioè l’idea che il contesto sia il bene culturale più prezioso anche sul fronte dell’immagine.
La gestione dei beni culturali locali in un’ottica di mercato rappresenta il futuro verso il quale inevitabilmente ci muoviamo. Ma la prima cosa da fare, se vogliamo guardare ai nostri beni culturali locali in un’ottica di mercato, se li consideriamo un capitale, è di consolidarne e accrescerne il valore mediante la conoscenza e la tutela, mettendo in circolo le relative conoscenze sia mediante la scuola che mediante le altre istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio, per fare di noi tutti i custodi del nostro patrimonio. Il patrimonio locale della ceramica può risultare un potente fattore di attrazione economica, che sarebbe miope ignorare. Ma ad oggi, il patrimonio locale della ceramica è un patrimonio cosiddetto latente e il patrimonio latente è proprio quello che abbiamo senza sapere di averlo.
E’ il caso, largamente diffuso, di opere e oggetti di ogni sorta, dimenticati in depositi, che solo dopo una precisa classificazione troveranno il loro giusto valore. In questi casi l’indagine conoscitiva non avrebbe solo un valore scientifico e culturale ma anche una ricaduta economica che sarebbe colpevole ignorare.
La “clientela” dei beni culturali nel Savonese deve essere costituita, dunque, in primissimo luogo dai residenti, che devono riconoscere, a cominciare dagli anni dell’educazione scolastica, la distinta identità del proprio territorio, inteso come un tessuto connettivo che include persone, opere d’arte e così via.
L’importantissima clientela aggiuntiva formata dai turisti deve essere sollecitata e informata nei modi più seducenti: il bisogno di consumare arte va incoraggiato e analizzato in tutti i suoi aspetti economici, politici e culturali.
L’economia dell’industria culturale soffre spesso di una debolezza strutturale e organizzativa, sia nel pubblico che nel privato, a causa di una difficoltà di dialogo tra chi si occupa del processo creativo e chi si confronta con il mercato e la finanza. I beni culturali appaiono simboli di qualcosa di improduttivo, o che produce poco utile nel breve termine. Rispetto all’entertainment internazionale, l’atteggiamento locale verso il settore culturale si ritrova di fronte a un assetto formato da molte strutture indipendenti di piccole dimensioni, che:
• non colgono le sfide sulla produzione di contenuti attuali;

• non utilizzano le tecnologie avanzate;
• non sfruttano il potenziale occupazionale.

La cooperazione e la competizione sono necessarie al cambiamento e alla trasformazione che condizionano la progettazione e la realizzazione di piani culturali. Pubblico e privato, profit e non profit, dovrebbero equilibrarsi in proposte miste, in formule giuridiche che rinnovino la gestione della cosa pubblica in nome di una maggiore dinamicità imprenditoriale. Ne consegue che le modalità di organizzazione nell’ambito della produzione culturale possono così sviluppare e accrescere al meglio singole competenze. Cultura ed economia si devono integrare, superando la nota dualità che le separa, e si devono connettere in rete.
Questo sistema, o network, permette di:

• sopportare le sfide competitive;
• costruire alleanze;
• sviluppare azioni coordinate;
• mirare alla qualità;
• superare la fragilità dei singoli perché l’unione fa la forza;
• ridurre le risorse.

Quando si realizza l’equilibrio tra cooperazione e competizione, si parla di distretto, che di solito riguarda un territorio connotato da una definita specializzazione produttiva. Per ottenere vantaggi comuni, si dovrebbe mantenere uno spirito imprenditoriale capace di operare in modo integrato, interagendo con le relazioni sociali e con le comunicazioni tra istituzioni pubbliche e tra imprese. Diventa implicita la capacità di ridurre i costi, utilizzando il cosiddetto capitale sociale della rete e lo spirito di collaborazione interorganizzativa.
Tra le caratteristiche delle imprese di un distretto (Baldassarre e Brusco, 1989), rileviamo:

• produrre merci o servizi che soddisfino gli stessi bisogni;
• adottare una tecnologia simile;
• operare in un medesimo ambito territoriale.

Mentre Putnam (1993) valuta il ruolo della comunità nell’economia di distretto e la definisce «risorsa morale», che evolve nel tempo per effetto delle:

• tradizioni storiche;
• attività politiche;
• attività sociali;
• attività economiche;
di cui sono protagonisti i cittadini.

Appare chiaro che, anche nel caso del territorio del Savonese, possiamo parlare di distretto della ceramica, che si distingue, secondo le diverse accezioni, e da diversi punti di vista, per unità di:

• tradizione;
• cultura;
• arte;
• artigianato;
• turismo;
• economia.

In termini generali i distretti costituiscono un modo originale di interpretare un fenomeno molto diffuso e noto agli economisti con vari nomi: clusters (Usa, Gran Bretagna), sanchi (Giappone), systems productifs locaux (Francia).
I distretti rappresentano il simbolo del “made in Italy” nel mondo.
La Brianza per i mobili, Lumezzane per la rubinetteria, Montebelluna per le calzature sportive, Prato per il laniero sono solo alcuni dei distretti italiani più noti, rappresentativi di particolari specializzazioni.
Ciò che affascina nei distretti è questa densa relazione fra popolazione, imprese e storia del territorio che genera identità, valori, condivisione di conoscenze, emulazione nelle innovazioni, flessibilità ed efficienza.
L’economista Giacomo Becattini, che per primo in Italia ha avviato una riflessione teorica in materia, ha definito il distretto industriale una “entità socio-territoriale circoscritta naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali”.
Il distretto Industriale è un vero e proprio modello organizzativo nel quale si progetta una nuova competitività sui mercati nazionali ed internazionali, rappresentando un sistema produttivo di dimensione locale, con un'elevata concentrazione di piccole e medie imprese, con uno sviluppo uniforme ed un alto livello di specializzazione.
Le politiche per i distretti si giocano su più fronti:

• la formazione di base e quella professionale;
• l’immagine e il marketing territoriale;
• gli interventi sui sistemi di qualità;
• la  ricerca;
• le aree industriali e artigianali;
• la diffusione delle applicazioni informatiche e telematiche;
• la regolazione dei mercati delle utilities;
• la progettazione di eventi tesi a rafforzare l’identità e il senso di appartenenza locale.

I vantaggi competitivi riconducibili ai legami territoriali, all'interdipendenza, ai mercati delle professioni e all'accoppiata "identità-visibilità” generati dalla localizzazione di tante attività in una stessa area non riguardano solo le imprese dei settori manifatturieri (i distretti industriali).
In Italia la prima estensione della parola distretto rispetto alla accezione iniziale è stata effettuata per i giacimenti enogastronomici quali il lardo di Colonnata, le cipolle di Tropea, il pane di Altamura, le pasticcerie di Ragusa, i tartufi delle Langhe e dei prosciutti di cinti senesi.
Di li a poco sono arrivati i distretti culturali, ovvero quelle “aree urbane che si specializzano in quanto contengono la più alta concentrazione di attività e luoghi per l'arte e lo spettacolo", come è stato sottolineato da una ricerca presentata nel giugno del 2002 dall'Associazione Civita.
Al di là delle classificazioni, quello che sta effettivamente emergendo è il ruolo del contesto che avvolge le imprese come pilastro portante dello sviluppo del nostro paese.
Su questa falsariga si muove anche il recente rapporto «Distretti turistici: l’opportunità di innovare l’offerta» realizzato da ACI e Censis, per cui il sistema distrettuale, con le sue caratteristiche peculiari - elevata capacità di scambio di esperienze, velocità nel rinnovare i sistemi organizzativi – è il modello economico ideale da coniugare ad una nuova offerta di servizi e di sviluppo per il sistema turistico italiano.
Tale rapporto indica pure le motivazioni che fanno del distretto turistico una scelta strategica:

• il successo del modello dei distretti industriali (con fattori simili   sul versante turistico);
• il rischio che senza un sistema unitario si crei un'atomizzazione dell'offerta attraverso l'auto- promozione delle singole località;
• il grado di specializzazione, segmentazione e terziarizzazione richiesto dalla nuova domanda che solo un "sistema" può soddisfare;
• le caratteristiche della domanda che chiede identità "autentiche", una gamma diversificata di offerta e maggiore attenzione al contenuto.

Già da qualche anno lo scenario, in generale, della domanda turistica sembra essere in grande fermento: i comportamenti di acquisto e i volumi, fino a qualche anno fa orientati verso prodotti standard per i consumi turistici di massa, sembrano evolvere verso la ricerca di prodotti nuovi e di mete ricercate, di offerte arricchite e segmentate.
Il turismo in Italia non è attirato solo dalle grandi città d'arte ma anche dai distretti nati dalla coalizione di piccoli Comuni. A dimostrarlo è ancora l'indagine Aci-Censis che sottolinea quanto la cooperazione fra centri limitrofi produca una ricca offerta turistica dal punto di vista culturale.
Appare sempre più forte, per la realtà del Savonese, la necessità di promuoversi nella forma del distretto della ceramica, che è da intendersi come una nuova forma di aggregazione territoriale potenzialmente capace di coagulare e irrobustire le vocazioni, le attrattive, le dotazioni, i servizi turistici, culturali e le realtà produttive insediate nell'area e relative al patrimonio della ceramica.
I distretti industriali rappresentano, secondo la legge n. 317/1991, sistemi territoriali, limitati geograficamente e costituiti da aree contigue, in cui si verifica una concentrazione di piccole imprese caratterizzate da una stessa specializzazione produttiva; i distretti inoltre sono creati con l'obiettivo di identificare "aree di eccellenza produttiva”, per le quali è prevista la definizione di politiche pubbliche di intervento mirate.
La Regione Liguria ha individuato il distretto industriale della ceramica e del vetro, anche se, come ha rilevato il Direttore dell’Unione Industriali della Provincia di Savona, Luciano Pasquale, “è chiaro che mettere insieme l’industria del vetro e l’artigianato artistico ceramico è, per alcuni aspetti, una forzatura. Entrambi i settori lavorano minerali non metalifferi, ma i processi produttivi sono diversi, come pure le problematiche specifiche. A differenza della ceramica, il comparto del vetro ha dimensioni e problematiche tipicamente industriali. In termini commerciali e di marketing non si vedono margini per eventuali sinergie. I mercati di sbocco sono differenti: il vetro resta sul territorio locale, mentre i prodotti ceramici vanno anche all’estero”.
Nella articolazione delle realtà produttive dei circa 110 Comuni italiani in cui sono presenti produzioni ceramiche artigianali, si distinguono quelle del selezionato insieme dei territori che, in relazione alla Legge 188/90, hanno diritto al riconoscimento della qualificazione delle proprie produzioni attraverso l'applicazione del Marchio di Denominazione di Origine Controllata (il cosiddetto marchio DOC).
L'approvazione del marchio D.O.C. per le produzioni ceramiche realizzate secondo la tradizione e i disciplinari di produzione approvati dal Consiglio Nazionale Ceramico istituito presso il Ministero dell'Industria, permette a 31 Comuni di consolidata tradizione ceramica, fra cui Albisola Superiore, Albisola Marina e la porzione di territorio del Comune di Savona ad Est del torrente Letimbro, di aumentare non solo il valore aggiunto e l'immagine del prodotto, ma anche di promuovere l'area geografica di appartenenza.
Tale legge giunge ora a tutelare quella produzione delle manifatture locali che potremmo definire, più che tradizionale, “tradizionalista”.
Si intende qui per ceramica tradizionalista, la produzione locale che ha abbandonato l’”evoluzione delle forme” per dedicarsi, invece, dopo gli anni Venti del Novecento, alla riproduzione dei modelli stilistici di un glorioso passato come il “bianco blu”, per intenderci.
Tale tutela va apprezzata e adeguatamente sfruttata, connettendola  alla “cultura del progetto” di designer e architetti, rendendola complementare alla valorizzazione del più ampio patrimonio storico-artistico sedimentatosi nel territorio e alla realizzazione di eventi capaci di attrarre investimenti di capitali culturali, sociali ed economici riferibili al mondo contemporaneo dell’arte internazionale e alle sue valenze turistico-culturali che appaiono altrettanto rilevanti e in evoluzione.
La relazione fra ceramica e arte contemporanea appare infatti costitutiva del patrimonio culturale locale sviluppato nel corso del Novecento: dagli anni Venti, la ceramica albisolese (oltrechè riprodurre il suo filone tradizionalista, tutelato oggi dalla legge 189/90) ha fatto, al tempo stesso, un tutt’uno con le cosiddette arti maggiori, con la cosiddetta “autonomia dell’arte”, divenendo un mezzo di espressione propriamente artistica che ha reso Albisola, dagli anni Venti agli anni Sessanta, capitale europea dell’arte internazionale (vedi Lucio Fontana, Asger Jorn, Wifredo Lam e Piero Manzoni, fra gli altri artisti di fama internazionale che sono divenuti cittadini albisolesi d’adozione, grazie alla ceramica locale).
Appare dunque evidente che è la ceramica in quanto specializzazione culturale a dover funzionare come volano di un sistema di cui l’attuale produzione manifatturiera rappresenterebbe un elemento fondamentale fra altri che andremo presto ad individuare in modo più definito.
La necessità di considerare la ceramica come una forma di capitale culturale ci porta a volerla guardare in evoluzione, come fattore di sviluppo del grado di attrattività del territorio e delle capacità economiche, culturali, politiche e artigianali che la generano, la sostengono e ne sviluppano tutte le potenzialità.
Considerare la ceramica nella forma di capitale culturale ci porta a guardare alle potenzialità di sviluppo che il turismo culturale può apportare al territorio e che la ceramica può produrre e riprodurre in quanto sua immagine distintiva.
Bisognerà dunque puntare su un distretto della ceramica che valorizzi (oltrechè le risorse artigianali) le più ampie specificità territoriali (le risorse storiche, culturali, ambientali) per strutturare un territorio qualitativamente attraente e in grado di offrire un "habitat" di accoglienza complessivamente favorevole e gradevole, alla cui realizzazione è opportuno finalizzare tutte le risorse necessarie.
Secondo un’importante sentenza della Corte Costituzionale (151/1986) l’art. 9 della Costituzione sancisce che il valore estetico-culturale ”deve essere esso stesso capace di influire profondamente sull’ordine economico-sociale”.
Nell’epoca della globalizzazione degli scambi culturali, il contesto internazionalista, multiculturale del passato albisolese (vedi la presenza di artisti provenienti da tutto il mondo nel secolo scorso) si rivela essere un terreno fertile per lo sviluppo di un distretto della ceramica incentrato anche sulla cultura artistica contemporanea che collega modernità e tradizioni locali differenti.



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