Consumare l’immagine/Consumare la realtà


Wang Du



(Wang Du comincia il suo intervento con una performance: parla in cinese, ben sapendo di non venire tradotto). Sfortunatamente, non conosco molte altre lingue oltre al cinese, ma se parlo questo idioma non potete capirmi. Conosco un po’ di francese, ma non so né l’inglese, né l’italiano. Ieri, in particolare, ci sono stati solo interventi in inglese e in italiano che non sono riuscito a capire. Oggi, quando ho parlato in cinese, avete vissuto la mia stessa esperienza di ieri di non comprendere nulla. Nonostante le nostre differenze linguistiche, ci troviamo qui riuniti con una modalità che fa riferimento alla globalizzazione. Tuttavia, più che essere una forma di globalizzazione creata dagli artisti convenuti ad Albisola, è vero il contrario: Albisola è globale, mentre ogni singolo artista proviene da un luogo specifico, perciò gli artisti sono locali e Albisola è globale. Anche se gli artisti che vengono in questo luogo hanno idee e opere da mostrare dotate di una loro forza, la stessa Albisola possiede una caratteristica molto importante: è un luogo in cui si lavora un materiale come l’argilla. Perciò, solo l’argilla è globale. Grazie all’utilizzo di “vecchi” materiali come l’argilla e la ceramica, mi viene offerta una possibilità nuova, un nuovo materiale da utilizzare per esprimere le mie idee. 
Il progetto cui mi sono dedicato durante la mia permanenza ad Albisola si relaziona in primo luogo con le immagini della nostra realtà circostante. Ho lavorato per un anno a questo progetto basato sulla tragedia delle Torri Gemelle. Il suo nome è Tapis, tappeto. Si tratta in un certo senso di prendere un giornale e gettarlo per la strada, dopo averlo spiegazzato. All’inizio ho incontrato qualche difficoltà, specialmente quando sembrava che il progetto che volevo realizzare fosse quasi impossibile da mettere in pratica, perché si trattava di lavorare con la ceramica e io non sono un ceramista in senso tradizionale. In laboratorio, ho potuto beneficiare della collaborazione e del sostegno di Ernesto Canepa, che mi ha sempre detto che “nulla è impossibile”, persino questo progetto. La serie di difficoltà incontrate è stata utile per entrambi. Da parte mia ho potuto far evolvere il mio lavoro, riflettendo sul progetto e guardandomi intorno, e ho potuto disporre di conoscenze basate sulla tradizione e sull’esperienza di un ceramista professionista.



Estratto dagli Atti del Convegno “La tradizione locale della ceramica e la globalizzazione dell’arte contemporanea”, 19/20 ottobre 2002, Fortezza del Priamàr, Savona.



Atti del Convegno La tradizione locale della ceramica e la globalizzazione dell’arte contemporanea

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